Noi Dirigenti Scolastici della provincia di Messina,
vista la Legge regionale n. 9 del 31 maggio 2011,
tenuto conto dell’importanza della valorizzazione delle radici culturali, storiche e religiose del nostro territorio,
convinti di come non sia possibile accettare in modo passivo usi e costumi imposti da una cultura estranea alle nostre radici,
consci che il rispetto delle diversità debba poggiare innanzitutto sulla valorizzazione delle proprie tradizioni,

COMUNICHIAMO

di voler dedicare i giorni precedenti alla commemorazione dei defunti alla riscoperta delle nostre tradizioni.
Ogni singola istituzione, in relazione alle peculiarità dei luoghi, svilupperà proprie iniziative che avranno tutte come comune bandiera lo slogan “In difesa delle tradizioni siciliane – Halloween non è la nostra festa” .

Nel totale rispetto della libertà d’insegnamento si invitano tutti gli insegnanti, in particolare docenti dell’ambito artistico e letterario ed i docenti di religione, a riscoprire le tradizioni storiche, culturali, religiose e sociali del territorio.
A mero titolo esemplificativo si allega il racconto di Andrea Camilleri “Il giorno dei morti” sul quale è possibile avviare una riflessione in merito alle tradizioni della nostra terra.

I Dirigenti Scolastici:

Rosario Abate (Ds in quiescenza), Rinaldo Anastasi (I.C. Tortorici- I.C. n.1 Capo d’Orlando), Maria Grazia Antinoro (IC. Aversa” – Mistretta; IC Capizzi), Emilia Arena (IC Saponara), Maria Larissa Bollaci (IIS “Sciascia-Fermi” Sant’Agata di Militello”- I.C. Longi), Francesca Buta (I.I.S. “Borghese – Faranda” Patti ), Venera Calderone (I.C di San Pier Niceto), Francesca Canale (I. C. Novara di Sicilia), Caterina Celesti (I.C. “Giovanni XXIII – Messina), Laura Calabrò (ITT-LSSA “Copernico” -Barcellona), Rina Maria Ceraolo (I.C. Castell’Umberto), Eleonora Corrado (I. C. “B. Genovese”- Barcellona), Giovanna De Francesco (IIS “Maurolico”), Giuseppa Cosola (I.C. “Villa Lina-Ritiro”-Messina), Maria Ausilia Di Benedetto (IC “Mazzini-Gallo”- Messina), Antonietta Emanuele (ITET “G. Tomasi di Lampedusa- Sant’Agata di Militello), Bianca Fachile (IC di Torrenova- IIS Merendino – Capo d’Orlando), Domenico Genovese (IC Mazzini – Messina), Cettina Ginebri (I.S. “Enzo Ferrari” – Barcellona), Clotilde Graziano (I C Rita Levi-Montalcini –
San Piero Patti), Grazia Gullotti Scalisi (Liceo“V. Emanuele III” – Patti), Mirella Guta (IC Roccalumera), Interdonato Enza (I C di Santa Teresa di Riva), Alma Legrottaglie (I C 2-Milazzo, IC di Torregrotta), Ester Elide Lemmo (IC Villafranca Tirrena), Maria Carmela Lipari (IIS. “Caminiti Trimarchi”- Santa Teresa di Riva), Marinella Lollo (I C “L. Pirandello”- Patti), Luisa Lo Manto (IC Militi – Barcellona PG), Enrica Marano (I C Terme Vigliatore), Angelo Messinese (I.C. “Cesareo” Sant’Agata di Militello ), Venera Munafò (Direzione didattica – Santa Teresa di Riva), Giovanna Messina (CPIA – Messina), Felicia Oliveri (IC “Foscolo”- Barcellona), Maria Ricciardello (I C Brolo), Santoro Carla (IC n 1 Taormina), Maria Schirò (ITN “Caio Duilio”, Messina), Venera Maria Simeone (ITIS “E. Torricelli”- Sant’Agata di Militello), Giusy Scolaro (IC “E. Drago”- Messina), Stefana Scolaro (ITET “Leonardo Da Vinci”- Milazzo), Laura Tringali (IC “S. Margherita”- Messina- Vice Presidente ANP Sicilia), Stellario Vadalà (ITIS “E. Majorana”- Milazzo), Leon Zingales (I C “Anna Rita Sidoti”-Gioiosa Marea).

Firme autografe omesse ai sensi dell’art. 3 D. Lgs. n. 39/1993

Fino al 1943, nella nottata che passava tra il primo e il due di novembre, ogni casa siciliana dove c’era un picciliddu si popolava di morti a lui familiari. Non fantasmi col linzòlo bianco e con lo scrùscio di catene, si badi bene, non quelli che fanno spavento, ma tali e quali si vedevano nelle fotografie esposte in salotto, consunti, il mezzo sorriso d’occasione stampato sulla faccia, il vestito buono stirato a regola d’arte, non facevano nessuna differenza coi vivi. Noi nicareddri, prima di andarci a coricare, mettevamo sotto il letto un cesto di vimini (la grandezza variava a seconda dei soldi che c’erano in famiglia) che nottetempo i cari morti avrebbero riempito di dolci e di regali che avremmo trovato il 2 mattina, al risveglio.

Eccitati, sudatizzi, faticavamo a pigliare sonno: volevamo vederli, i nostri morti, mentre con passo leggero venivano al letto, ci facevano una carezza, si calavano a pigliare il cesto. Dopo un sonno agitato ci svegliavamo all’alba per andare alla cerca. Perché i morti avevano voglia di giocare con noi, di darci spasso, e perciò il cesto non lo rimettevano dove l’avevano trovato, ma andavano a nasconderlo accuratamente, bisognava cercarlo casa casa. Mai più riproverò il batticuore della trovatura quando sopra un armadio o darrè una porta scoprivo il cesto stracolmo. I giocattoli erano trenini di latta, automobiline di legno, bambole di pezza, cubi di legno che formavano paesaggi. Avevo 8 anni quando nonno Giuseppe, lungamente supplicato nelle mie preghiere, mi portò dall’aldilà il mitico Meccano e per la felicità mi scoppiò qualche linea di febbre.

I dolci erano quelli rituali, detti “dei morti”: marzapane modellato e dipinto da sembrare frutta, “rami di meli” fatti di farina e miele, “mustazzola” di vino cotto e altre delizie come viscotti regina, tetù, carcagnette. Non mancava mai il “pupo di zucchero” che in genere raffigurava un bersagliere e con la tromba in bocca o una coloratissima ballerina in un passo di danza. A un certo momento della matinata, pettinati e col vestito in ordine, andavamo con la famiglia al camposanto a salutare e a ringraziare i morti. Per noi picciliddri era una festa, sciamavamo lungo i viottoli per incontrarci con gli amici, i compagni di scuola: «Che ti portarono quest’anno i morti?». Domanda che non facemmo a Tatuzzo Prestìa, che aveva la nostra età precisa, quel 2 novembre quando lo vedemmo ritto e composto davanti alla tomba di suo padre, scomparso l’anno prima, mentre reggeva il manubrio di uno sparluccicante triciclo.

Insomma il 2 di novembre ricambiavamo la visita che i morti ci avevano fatto il giorno avanti: non era un rito, ma un’affettuosa consuetudine.
Poi, nel 1943, con i soldati americani arrivò macari l’albero di Natale e lentamente, anno appresso anno, i morti persero la strada che li portava nelle case dove li aspettavano, felici e svegli fino allo spàsimo, i figli o i figli dei figli. Peccato. Avevamo perduto la possibilità di toccare con mano, materialmente, quel filo che lega la nostra storia personale a quella di chi ci aveva preceduto e “stampato”, come in questi ultimi anni ci hanno spiegato gli scienziati. Mentre oggi quel filo lo si può indovinare solo attraverso un microscopio fantascientifico. E così diventiamo più poveri: Montaigne ha scritto che la meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà, perché chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.

(da Racconti quotidiani di Andrea Camilleri)

Allegati:

Circ. n. 48 Tradizioni 2 novembre
Titolo: Circ. n. 48 Tradizioni 2 novembre (300 clicks)
Filename: circ-n-48-tradizioni-2-novembre.pdf
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